Le donne ed il lavoro non pagato: riconoscerlo, ridurlo e redistribuirlo

giovedì 10/03/2016

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Le donne ed il lavoro non pagato: riconoscerlo, ridurlo e redistribuirlo

La questione del gender gap spesso assume toni un po' fumosi. Gli studi di genere si concentrano spesso su dati relativi all'occupazione o alla disoccupazione femminile, al tasso di natalità in rapporto ad età e condizione sociale e indicatori simili.

Non molto spesso invece si parla di lavoro non retribuito. Quando gli esperti si accingono a quantificare l'economia nazionale in termini di Prodotto Interno Lordo, il lavoro femminile non pagato non risulta incluso nel calcolo. Per lavoro femminile non retribuito si intendono tre principali mansioni: il cucinare, le pulizie domestiche e la cura dei bambini e degli anziani.

L'ultima analisi svolta dall' OECD, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, fornisce dati recenti che aiutano a capire il disequilibrio esistente in termini di tempo speso in lavori generalmente definiti “casalinghi”. Tanto per avere un'idea, in India le donne impiegano circa 6 ore al giorno nello svolgere lavori non retribuiti, mentre gli uomini non arrivano neanche ad un'ora piena. Non va meglio in Italia, dove il rapporto è di 5,3 ore di lavoro non pagato svolto dalle donne e 1,7 ore dagli uomini. Al vertice dei paesi più virtuosi, neanche a dirlo, la Norvegia, con un rapporto di 3,6 ore per le donne e 3,1 per gli uomini.

Nella lettera annuale della loro fondazione, Bill e Melinda Gates sono riusciti a dare rilevanza al tema, ricordando che questo tipo di gender gap è nocivo per tutta la collettività e l'andamento della stessa economia. Gli economisti chiamano "costo opportunità" tutto ciò che le donne potrebbero fare se non occupassero gran parte del loro tempo in lavoro non retribuito.

Il punto è che la società ha un estremo bisogno che qualcuno svolga questo tipo di lavoro, ma è alle donne che di solito viene richiesto di svolgerlo. O meglio, la società si aspetta che lo facciano le donne, senza compenso, che lo vogliano o no.

La professoressa Diane Elson, sociologa, economista e consulente per UN Women, sostiene una strategia di riduzione del gap che individua tre azioni fondamentali: riconoscere, ridurre e redistribuire il lavoro non pagato. Iniziare a riconoscere il peso che le donne devono sobbarcarsi è un primo passo fondamentale. La tecnologia è sicuramente un valido alleato per ridurre il tempo speso in mansioni ripetitive, risparmiando lavoro fisico. La ridistribuzione del lavoro tra uomini e donne, significa coinvolgere anche gli uomini nel lavoro domestico e nelle attività tipiche dell’accudimento di bambini ed anziani. Incentivi come i congedi retribuiti sono di sicuro supporto ed è provato che quando uomini e donne vivono alla pari la genitorialità, tendono ad esercitare entrambi pressioni per ottenere condizioni di lavoro flessibile che vanno a beneficio di tutti.

In sintesi, come giustamente afferma Ms Gates “Dobbiamo chiamarlo con il suo nome: lavoro. Che lo si svolga a casa, che faccia parte o meno della forza lavoro. Gli uomini e le donne devono avere la possibilità di scegliere cosa vogliono davvero fare".

Nella foto: una pubblicità degli anni Sessanta di un robot da cucina.
Photo credits: www.advertisingarchives.co.uk/

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