Consigli per mentor e mentee
Il 26 giugno scorso l’ADBI ha organizzato a Roma un breve incontro tra mentor e mentee in occasione dell’avvio del programma di cross-mentoring 2018[1], svolto in collaborazione con PWN Rome, al quale partecipano 13 mentor (donne e uomini) della Banca d’Italia e 15 mentee, socie dell’ADBI.
L’incontro ha beneficiato del contributo di un esponente dell’Associazione Donne Consob (ADC) e dei consigli di due colleghe di Banca che, per interesse personale, si sono diplomate in coaching.
In analogia a quanto affrontato quest’anno dall’ADBI, ADC ha svolto un programma di cross-mentoring con PWN Rome nel 2017; l’esponente CONSOB ha partecipato a mentoring individuale e di gruppo. Per il mentoring individuale, ha raccontato di un abbinamento a tutta prima sorprendente e lontano dalle sue richieste, che nel tempo le ha però consentito di mettere a fuoco i suoi punti di forza e debolezza per meglio realizzare gli obiettivi che si era proposta. In particolare, con il sostegno ricevuto dalla propria mentor è riuscita a chiedere al suo capo di essere inserita in due progetti che le interessavano, e ai quali sta ancora lavorando. Ha potuto contribuire a migliorare le condizioni di lavoro, per esempio chiedendo di svolgere le riunioni preferibilmente alle 16:00, anziché alle 18:00.
Le coach Banca d’Italia hanno definito il ruolo del mentor e le aspettative del mentee, partendo da ciò che la/il mentor “non è”, in particolare, non è:
- Confidente: se la mentee sta vivendo una situazione di disagio in ambito lavorativo o privato, potrebbe avere la tentazione di usare gli incontri per sfogarsi. É importante gradualmente ricondurre la conversazione sui temi individuati come obiettivi. E’ consigliabile, inoltre, chiarire la disponibilità che il mentor è disposto a offrire: se limitata agli incontri programmati, o se può essere contattato tramite telefono/mail/whatsapp/etc. tra un incontro e l’altro.
- Giudice:durante l’incontro i mentor ascoltano e scelgono quelle parti della propria esperienza che può essere utile alla situazione o alla vita della mentee. Si deve però evitare di dare l’impressione di giudicare (non solo verbalmente, ma anche nell’atteggiamento/espressione/sguardo), perché la persona che si sente giudicata tende a difendersi e a chiudersi. Se si osserva che questo accade, occorre adoperarsi per ristabilire un clima di fiducia. Non è tuttavia proibito per il mentor comunicare una sua opinione al mentee. Lo strumento per comunicarla è il feedback, che, per essere corretto, segue alcune regole, quali:
- Nel dare un feedback fondatelo sempre su qualcosa che avete osservato/ascoltato dalla mentee
- questo collegamento non va assunto come dato, ma deve essere verificato insieme all’interlocutore (“ho interpretato così il tuo gesto, è corretto, ti ci ritrovi?)
- se l’opinione non viene ritenuta utile dalla mentee e/o non viene accettata, il mentor deve abbandonarla subito e passare oltre
- il feedback dato e ricevuto serenamente non interrompe, ma al contrario serve a continuare e migliorare la relazione di mentoring.
- Responsabile per il raggiungimento degli obiettivi della mentee. I mentor aiutano le persone a definire, chiarire o ad allinearsi con valori e convinzioni potenzianti, ricorrendo di frequente alla propria esperienza. Il mentor può quindi aiutare a gestire eventuali conflitti tra le diverse identità della mentee, per esempio tra quella di lavoratrice e quella di madre. Un punto di partenza per questo è stabilire i valori che, secondo la mentee, contraddistinguono le diverse identità (es. serietà, affidabilità, carisma, ecc. come lavoratrice; responsabilità, affettuosità, spirito di sacrificio, ecc. come genitore). Ipotizziamo che la “presenza fisica” sia considerato un valore importante per entrambi i ruoli. Non potendo essere più presente contemporaneamente sia in famiglia sia sul lavoro, è possibile che la mentee viva un conflitto interno. Il mentor la aiuterà ad individuare su quale identità vuole concentrarsi prioritariamente ed eventualmente per quanto tempo.
Nel complesso, la relazione deve essere corretta e riservata, ma soprattutto ricalcata sulle particolari circostanze/esigenze della coppia che si viene a formare. Si tratta di cogliere le opportunità offerte dall’incontro, breve e occasionale, ma consapevole e costruttivo. La relazione mentee-mentor è fondamentale stabilire una relazione difiducia.
Dopo aver chiarito cosa il mentoring non è e come approcciarsi all’incontro, sono state individuate alcune indicazioni pratiche per mentor e mentee per lo svolgimento delle sessioni di mentoring.
- Iniziate il primo incontro con una piccola presentazione reciproca (tenendo presente cosa la relazione di mentoring non è, come sopra chiarito) nella quale il mentor darà rilievo a quegli aspetti della propria esperienza potenzialmente più utili ai fini del mentoring. Definite subito con chiarezza le regole del gioco (tempo dell’incontro, periodicità, disponibilità del mentor, se si vuole utilizzare il “workbook” fornito da PWN mettendo tutto per iscritto o se invece si preferisce non scrivere niente, etc.). A questo scopo può essere utile il mentoring agreement fornito da PWN, che non è un documento vincolante né obbligatorio, ma sottolinea l’impegno a salvaguardare la relazione di fiducia che deve caratterizzare ogni fase della relazione di mentoring e che può fungere da guida nello svolgimento del percorso.
- È importante, come suggerito dal mentoring agreement, definire quali sono le aspettative reciproche a fronte dell’intero percorso di mentoring. Ogni sessione avrà poi un suo specifico obiettivo, che definisce cosa il mentee porterà a casa dall’incontro (maggiore consapevolezza su un determinato aspetto, una piccola azione da fare, etc.).
- Ragionate sulla base delle soft skill: individuate un’area di miglioramento per la mentee (che sia possibilmente anche il punto di forza del mentor) e lavorate insieme su quella. Forniamo solo ad esempio una possibile lista di soft skills:
- Leadership
- Teamworking
- Communication
- Problem Solving
- Flexibility/Adaptability
- Interpersonal Skills
Tra un incontro e l’altro è utile che il mentor rifletta sulla strategia da adottare nell’incontro successivo e su quali esperienze condividere con la mentee per essere più efficace; analogamente la mentee potrà prepararsi domande o temi da discutere.
Gli incontri successivi al primo potrebbero iniziare con: i) riflessione veloce su quanto emerso nell’incontro precedente, ii) commenti sull’eventuale azione o piccolo obiettivo assegnato alla fine dell’incontro precedente.
Altri suggerimenti:
- Non focalizzatevi troppo sul passato. L’analisi del passato e del presente servono solo per capire il problema: non si possono in questa sede trattare le motivazioni dei comportamenti, ma solo intravedere o suggerire azioni per migliorare il futuro.
- Mentee e mentor sono invitati a immaginare assieme il punto di arrivo del percorso, cosa manca alla mentee per avere ciò che desidera e provare a capire come la mentee vorrebbe che fosse il futuro/la situazione risolta. Il mentor può raccontare la propria esperienza, sottolineando gli ostacoli superati e come, a quali risorse si è attinto, cosa si è imparato.
- Chiudete ogni incontro con una possibile azione da fare. L’azione dovrebbe essere quanto più possibile individuata dalla mentee e non dovrebbe essere troppo impegnativa, ma solo sfidante, ovvero la mentee dovrebbe uscire dalla sua zona di confort, senza entrare nel panico.
- Se all’incontro precedente avete definito insieme una possibile azione da fare, è utile iniziare l’incontro successivo partendo da lì. Se la mentee non è riuscita a fare ciò che ci si era prefissata, indagatene insieme le motivazioni (i.e. gli ostacoli)
[1] Il cross-mentoring prevede che le mentee iscritte all’ADBI siano inserite in programmi di mentoring individuali o di gruppo gestiti da mentor appartenenti ad altre aziende.
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