Tre Ciotole, Michela Murgia #mondidelledonne
lunedì 14/04/2025
Tre Ciotole, Michela Murgia #mondidelledonne
di Sara Mittiga
Tre ciotole è l'ultimo romanzo della scrittrice, prematuramente scomparsa, Michela Murgia, pubblicato nel 2023. Si può considerare un romanzo corale perché raccoglie dodici storie di diversi personaggi a partire da voci individuali e spesso dissonanti. "Rituali per un anno di crisi" è il sottotitolo: si tratta di storie di vita quotidiana, che partono tutte dalla necessità dei suoi protagonisti uscire "dall'impasse", dall'immobilismo, venire a patti con l'infelicità, con quei momenti di rottura che presagiscono un cambiamento. Perché sono tutti consapevoli, i protagonisti di queste storie, che ogni battuta di arresto non sarà né la prima né l'ultima e per questo motivo mettono in atto delle strategie per salvarsi: per sopravvivere bisogna costruirsi un proprio personalissimo rituale. Come suggerisce il sottotitolo, il filo conduttore dei racconti è il cambiamento radicale che i protagonisti stanno affrontando in un determinato momento della vita - la pandemia, la fine di un amore, la malattia, la gravidanza, il lutto - cercando, ognuno con una propria forma di rituale, di attraversare la crisi. Alcune storie si intrecciano, tanto che in alcuni casi il destino di uno dei protagonisti si completa nella storia del personaggio di un altro racconto, altri racconti sono invece autoconsistenti. Sono storie di personaggi che si innamorano di una sagoma di cartone o di un pretoriano in miniatura, odiano i bambini pur portandoseli in grembo, lasciano una donna ma ne restano imprigionati, hanno un pessimo rapporto con il cibo, si tagliano, tradiscono, si ammalano.
La prima storia è intitolata “Espressione intraducibile” e si potrebbe considerare ispirata dall’ esperienza personale della scrittrice. Narrata in terza persona, è il racconto di una donna a cui viene comunicata la diagnosi di carcinoma renale al quarto stadio. Nel dialogo tra la donna e il medico, attraverso le parole di quest’ultimo, si assiste allo stravolgimento della prospettiva e della narrazione oggi dominanti rispetto al cancro, che si avvalgono principalmente di un linguaggio bellico: “Ma l’inadeguatezza del registro bellico, quello con cui aveva sempre sentito definire il rapporto con una malattia mortale, ora la ammutoliva. Era colpa del medico, ovviamente. Le parole che quell’uomo aveva usato cambiavano lo scenario simbolico e la costringevano a muoversi verso un obiettivo che non le era familiare: il patto di non belligeranza. Quello che doveva essere un avversario da distruggere le era appena stato dipinto come un complice della sua complessità, una parte disorientata del suo corpo sofisticato, un cortocircuito del sistema in evoluzione, niente di più di un compagno che sbagliava”. Questa nuova prospettiva accoglie una visione inedita in cui entra in gioco non più la condizione di vincitori e vittime, bensì la constatazione - ed eventualmente l’accettazione - della complessità della nostra natura, e della sofferenza che della nostra natura fa parte: è una prospettiva rivoluzionaria da cui guardare una malattia incurabile.
In questo racconto l’espediente che la protagonista utilizza per sfuggire alla sofferenza della malattia è la scrittura. Ma quale funzione può avere la scrittura in un momento di cambiamento radicale che, come si è visto, rappresenta il filo conduttore del romanzo? Si potrebbe dire che la scrittura è un rituale essa stessa – così come un rituale sono le tre ciotole del racconto che dà il titolo al romanzo, usate per disciplinare l’alimentazione sregolata della protagonista in un periodo difficile –: un rituale finalizzato a tentare di comprendere, di accettare il groviglio del reale, e a non soccombere. Non si può avere il controllo su tutto e alcune circostanze non si possono cambiare, ma con le parole possiamo creare e, raccontandola, ridefinire, se non la nostra vita, almeno la nostra stessa storia. Per questo motivo questo romanzo può essere considerato un dono che la scrittrice Michela Murgia fa a tutti i lettori: perché insegna che le parole che usiamo per definirci, per definire la nostra condizione, hanno un peso. Le parole che scegliamo tracciano le nostre vite, danno loro una forma, trasformano i nostri destini; quindi il messaggio dell’autrice, per chi lo voglia cogliere, è chiaro: impariamo a scegliere le parole giuste quando ci riferiamo a noi stessi, perché quelle parole rappresentano le nostre scelte, il modo in cui scegliamo di essere.
La scrittura di Michela Murgia è diretta e limpida, e tuttavia mai scontata. Infatti, in ogni racconto l’autrice riesce abilmente ad assumere il punto di vista dei protagonisti, rendendo difficile riuscire a distinguere, qualora si tentasse, il pensiero del personaggio dall’eventuale giudizio ironico di chi scrive. Si tratta di un libro da leggere più volte lasciandolo poi sedimentare, anche solo per riuscire a cogliere la raffinatissima ironia e l’atteggiamento leggero ma non superficiale nei confronti del mondo che viviamo e della vita stessa.
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