Economiste...un'attività per donne?


Un giorno con alcune colleghe ci siamo chieste se fosse possibile identificare una economista italiana, attiva su tematiche di interesse della Banca d’Italia, a cui intitolare una borsa di studio. Cercavamo un modello che fosse di ispirazione per giovani economiste e che fosse riuscita ad ottenere riconoscimenti anche dal nostro Istituto. 

La nostra ricerca non ha prodotto molti risultati. O, meglio, i risultati prodotti sono stati un po’ deludenti perché le due donne alle quali alla fine siamo arrivate per una ragione o per l’altra non rispondono a tutti i requisiti. Parliamo di Vera Lutz e di Vera Cao Pinna. Leggendo scoprirete perché. 

Vera Lutz (1912-1976) è stata una rinominata economista, a cui la Banca ​ha anche dedicato una ​iniziativa culturale, edita nel 1984 dal Mulino: ”Moneta, dualismo e pianificazione nel pensiero di Vera Lutz”, su impulso di R. Masera e coordinata dall’Ente Einaudi.​​

Il problema è che Vera Lutz era inglese, anche se ha amato tanto l’Italia e ha passato quindici anni della sua vita professionale proprio presso la Banca d’Italia a studiare l’economia italiana. 

Vera Smith e il marito, Fredrich Lutz, sono state una delle (non infrequenti) coppie di studiosi che per tutta la vita hanno lavorato insieme, con ottimi risultati di ricerca, non si sa quanto per merito più dell’una o dell’altro. Insieme scrissero “The theory of investment of the firm”, si occuparono di moneta, credito, sviluppo economico e mercato del lavoro. Vera Lutz si dedicò in particolare all’Italia fra il 1949 e il 1963, studiando le differenze fra Nord e Sud e il comportamento monopolistico dell’industria italiana; i risultati furono pubblicati nel suo lavoro “Italy: a study in economic development”. ​ Il suo lavoro, che scrisse anche grazie agli stretti rapporti che intrecciò proprio con il Servizio Studi della Banca d’Italia negli stessi anni, ebbe una grande influenza sul dibattito sullo sviluppo italiano di quegli anni.

Nel suo libro proponeva un modello di analisi del problema​ economico italiano, con conseguenti indicazioni di politica economica. Pur essendo molto apprezzato da Hicks, il lavoro suscitò una reazione negativa in Graziani, che pur condividendo in parte la sua analisi, non concordava con le indicazioni di politica economica. Il suo modello era studiato fino a non poco tempo fa nei corsi di politica economica insieme a quelli dello stesso Graziani, di Saraceno, Fuà e Sp​aventa.

Secondo Vera Lutz, lo sviluppo economico italiano era ostacolato dal dualismo nel mercato del lavoro, che rifletteva un dualismo territoriale. Al Nord si collocavano grandi imprese avanzate, dove i lavoratori ottenevano​, grazie ai sindacati, il riconoscimento salariale derivante dalla crescente produttività. Al Sud si concentrava il settore arretrato, caratterizzato da piccole imprese con salari più bassi. Secondo V.Lutz, per consentire uno sviluppo robusto di tutto il Paese sarebbe stato necessario un riequilibrio fra questi due mondi: da un lato i lavoratori della grande impresa avrebbero dovuto essere pagati di meno rispetto all’aumento di produttività che garantivano, dall’altro, i lavoratori del settore arretrato dovevano migrare verso il settore avanzato (come poi è effettivamente successo).

Il suo metodo di ricerca come le sue indicazioni di politica economica erano ispirati al principio di “non forzare il passo”: ​“Any ​process of forcing the pace yields gains only temporarily”​. Aveva grande attenzione ai dati, sia nelle fasi di rilevazione che di elaborazione. Tutti le riconoscevano una grande efficienza nell’organizzazione del lavoro di ricerca, considerato “un impiego del tempo di necessità dedicato in parte alle cure domestiche”. (P.Baffi, “​Ideali, scelte e metodi di lavoro”, nel volume sopra citato). Insomma, non poteva sfuggire al suo destino di donna e quindi, sebbene fosse un’economista e una ricercatrice, comunque il lavoro di cura ricadeva sulle sue spalle! 

L’altra ricercatrice è la sarda Vera Cao Pinna (1909-1986). Si può definire la prima econometrica, e già solo questo la collocherebbe molto vicino al nostro Istituto, che è stato un importante veicolo di diffusione dell’econometria in Italia. Anche se in realtà Vera Cao Pinna non risulta aver mai collaborato con la Banca d’Italia. 

Il suo lavoro di ricerca si può condensare dicendo che applicò metodi statistici all'analisi dell’economia italiana. Collaborò molto con l’ISTAT, per la quale nel secondo dopoguerra impostò le statistiche regionali e nazionali relative al mercato del lavoro, ai prezzi e alla produzione industriale del nostro Paese. Lavorò molto anche all’estero, dove fu molto apprezzata. Fra le tante iniziative, vale la pena ricordare la direzione dei lavori di compilazione della prima matrice delle interdipendenze strutturali dell’economia italiana (1950), nel quadro degli studi che accompagnarono l’erogazione degli aiuti americani prima dell’European Recovery Program (conosciuto anche come piano Marshall) e poi del Mutual Recovery Act.

La prima matrice delle interdipendenze strutturali e le relative tavole input-output dell’economia italiana, pubblicate nel 1952, devono infatti molto al suo lavoro, come gli fu riconosciuto dallo stesso Wassily Leontieff,  che nel 1988, in occasione di un convegno in onore dell’econometrica, sottolineò che Vera Cao Pinna fu la prima «a creare un legame, una vera liaison tra la teoria e l’osservazione empirica dei fatti economici», conscia dell’importanza che «avevano le statistiche e la matematica per conoscere nel profondo l’economia».

Prese parte ai lavori preparatori del Piano Vanoni e, a partire dal 1961, presso il Centro Studi e Piani Economici di Roma, diresse i lavori di costruzione del modello econometrico predisposto per conto del Ministero del Bilancio, per monitorare gli obiettivi del primo programma di sviluppo dell’economia italiana nel quinquennio 1965-1969. I risultati furono presentati al primo Congresso mondiale della società internazionale di econometria che si svolse a Roma nel settembre 1965.

Si occupò anche di previsioni, consumo, sviluppo economico e programmazione economica. Come sottolineato da Paolo Sylos Labini, Cao Pinna rientra a pieno titolo tra gli economisti e gli statistici che nel dopoguerra, in un contesto in cui si doveva ricostruire fisicamente il paese, si dedicarono alla definizione degli strumenti di analisi che avrebbero consentito di avviare i primi esperimenti di politica economica. 

Nonostante i riconoscimenti internazionali e pur avendo ottenuto l’abilitazione alla libera docenza in Statistica economica presso la Facoltà di economia e commercio, non riuscì mai a vincere un concorso né ottenne mai la titolarità di una cattedra universitaria.  Fu penalizzata doppiamente perché era donna e perché si occupava di una disciplina allora giudicata poco “importante”, in quanto “applicata” e quindi considerata inferiore a discipline più teoriche. Si occupava banalmente di … numeri. Anzi, ad essere precisi, si occupava di collegare gli strumenti quantitativi di analisi economica con i problemi reali da risolvere. Un’attività che sarebbe divenuta di moda molto dopo.

Fulvia Focker

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