Le tele di Artemisia e le sculture di Bernini svelano il cammino dell’emancipazione femminile.
“L’altra metà dell’arte” è il titolo dell’evento che si è svolto sabato 7 ottobre a Roma, nella suggestiva cornice del Teatro Salone Margherita: un racconto a due voci che ha messo in scena un’originale riflessione sul mondo femminile.
La serata, promossa e organizzata dall’Associazione Donne della Banca d’Italia, aggiunge un mattone nella costruzione di un percorso rivolto alla sensibilizzazione sul tema della discriminazione di genere. Proprio per dimostrare il faticoso percorso dell’emancipazione femminile, la prospettiva adottata ha posto al centro della serata il fascino e la potenza mediatica dell’Arte.
Dopo i saluti dell’Associazione, portati sul palco dalla presidente Alessandra Giammarco, la serata si è aperta con la brillante introduzione di Paolo Brancone, che ha ricordato i numerosi e indimenticabili personaggi che hanno calcato il Teatro Salone Margherita, e ha ripercorso la storia di questo gioiello architettonico liberty, incastonato nel cuore di Roma.
Il pubblico ha poi visto salire sul palco Vittorio Maria De Bonis, che con la sua verve ha trasportato i numerosi presenti nel Seicento barocco, in compagnia di una donna straordinaria: la pittrice Artemisia Gentileschi. In un’epoca in cui la professione dell’artista era appannaggio degli uomini, il talento e la personalità di Artemisia brillano come una perla rara, e pongono una pietra miliare nel lungo e faticoso percorso per la parità di genere. La violenza sessuale subìta dalla pittrice segna in modo incisivo le vicende biografiche e la produzione artistica di Artemisia, che rappresenta, con le sue opere, le emozioni, le passioni, persino i tratti somatici dei personaggi che hanno popolato il suo personale universo. Il disagio dell’artista emerge con forza nell’opera descritta da De Bonis ‘Susanna e i vecchioni’, dove la sensazione di intrappolamento è magnificamente espressa dalle mani tese di Susanna che vuole allontanare da sé la molestia dei due lascivi anziani, sorpresi nel momento esatto in cui formulano la proposta.
Gli stessi lineamenti di Artemisia, il suo sguardo, i suoi gesti, si palesano nel ritratto di Maria Maddalena. La giovane donna dai capelli scomposti avvolta in un abito abbagliante di seta gialla, nel drammatico contrasto fra luce e ombra, restituisce la storia del difficile percorso di vita dell’autrice, che ha dovuto combattere pregiudizi e stereotipi per arrivare alla realizzazione di sé stessa, come artista e come donna.
La violenza subìta da Artemisia e l’angoscia esistenziale del Seicento si intrecciano nel fil rouge che ha condotto all’intervento di Laura Appignanesi. La scrittrice ha messo in scena due opere di Gian Lorenzo Bernini: ‘Il ratto di Proserpina’ e ‘Apollo e Dafne’. Se il presente costituisce il distillato di un lungo processo storico, il racconto mitologico, frutto dell’immaginario collettivo greco-romano, può essere la lente che mette a fuoco l’embrione della contemporaneità. Le vicende di Proserpina e Dafne sono immortalate da Bernini nell’istante esatto in cui si concretizza la violenza di genere, alimentata e giustificata dal rapporto di potere congenito nella distinzione tra mondo maschile e mondo femminile. La deflagrante potenza espressiva delle sculture consegna ai posteri il tormento che anima le due storie mitologiche, costruite sulla tensione fra volontà contrapposte, dove il dominante diritto di proprietà sul corpo femminile si manifesta plasticamente nel marmo cesellato dal Bernini, con straordinaria sintesi nel dettaglio della mano possente che con determinazione affonda le dita nella carne tenera della sua preda. Nel continuo rimando fra il reale e l’immaginario, come in un gioco di specchi, Proserpina e Dafne ci accompagnano quindi alla sorgente di quel maschilismo che proviene dalle radici patriarcali della nostra cultura, ancorato sul fondo della società e pronto ad emergere in superficie, dal subconscio sociale, attraverso i violenti fatti di cronaca che ogni giorno accadono, quasi fossero lapsus freudiani attraverso i quali si manifesta qualcosa che pensavamo di avere rimosso: il rapporto di potere e la divisione dei ruoli fra uomini e donne.
Perché l’Associazione Donne della Banca d’Italia ha organizzato l’evento?
Con l’incontro “L’altra metà dell’Arte” l’Associazione ha voluto accendere i riflettori sulla straordinaria avventura della prima grande pittrice celebrata e riconosciuta nella storia dell’Arte: Artemisia Gentileschi, l’artista che, in un mondo ostile alle donne, riuscì a imporre la sua arte e a difendere strenuamente la sua visione dell’amore e della vita. I quadri di Artemisia non sono soltanto il riflesso di una donna che infranse tutte le regole del tempo per affermare la sua libertà, ma anche il racconto, con voce di donna, del tormentato secolo XVII.
L’evento è stato anche occasione per rileggere l’Arte secondo punti di vista meno comuni e offrire una interpretazione sociologica di opere celeberrime. Il maschilismo radicato nella cultura occidentale è stato indagato attraverso la mitologia greca, ricostruzione epica di una società misogina, che relega la donna in una posizione subalterna. I miti seguono spesso il punto di vista degli uomini, che cercano di spiegare i loro comportamenti, definendoli come capricci o raptus del momento. Si tratta invece di ingiustificabili violenze, sia fisiche sia mentali, prime testimonianze della discriminazione di genere.
Ci auguriamo che la nostra riflessione appassionata possa servire a valorizzare il contributo delle donne all’Arte e nell’Arte, riconoscendo una loro costante e originale presenza. Speriamo anche di avere suscitato domande su come le donne sono state raccontate in passato, per comprendere meglio il presente e avanzare nella ricerca di altri significati, adatti ai nostri tempi e a nuove narrazioni.
Per vedere l’evento registrato:
07.10.2023 – ADBI – L’altra metà dell’arte
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