Il libro di Samuele Briatore è incentrato sul tema della comunicazione gentile, definita come un modo di essere, una forma mentale, della quale uno dei punti fondamentali è racchiuso nell’ascolto, avendo sempre presenti il rispetto e il controllo. Per alcuni istanti dovremo mettere da parte la nostra autoaffermazione per lasciar spazio alla relazione. Altre due caratteristiche fondamentali della comunicazione gentile sono bontà e umiltà, doti che ci danno la possibilità di rimanere ancorati al concetto di umanità e di relazione. In altre parole, i nostri interlocutori vogliono vedere la persona prima dell’ente. E l’umiltà ci aiuta ad avere un atteggiamento di gratitudine e di apertura, condizioni essenziali per mettere in atto una delle caratteristiche più potenti nella comunicazione, l’ironia e la leggerezza.
Un altro punto fondamentale è quello della congruenza e della coerenza: ‘esprimiamo pensieri sinceri e non cadiamo mai nell’adulazione, in quanto quest’ultima è un’arma molto affilata che può tranciare un rapporto di fiducia con un pubblico o un interlocutore in pochissimi istanti’ (pag. 20). In quest’ottica, nella conversazione è sempre fondamentale una coralità di tutti gli elementi, un concetto da tenere presente soprattutto nelle riunioni lavorative, quando le soluzioni più visionarie nascono dalla collaborazione. Le idee si ampliano grazie alla coralità e alla pluralità del pensiero. In conclusione, la conversazione gentile presuppone l’uscita dalle dinamiche di potere e di lotta, entrando al contrario in una prospettiva di apprendimento e di scambio. ‘… la conversazione… dovrebbe essere intesa come uno sport di squadra nel quale il vicendevole sostegno potrà portare alla vittoria collettiva insieme a quella individuale (pag. 37).
Briatore nel libro illustra la teoria sui colori della voce. In un’ottica di genere, sono rimasta colpita da un consiglio che dà alle donne, vittime, come spesso accade, di domande sgradite o invadenti. Secondo l’autore, in questi casi, le donne dovrebbero usare la voce dal colore nero, utile per riposizionare alla giusta distanza le persone non gradite. Nella voce dal colore nero la tonalità è lapidaria, il ritmo delle parole è sostenuto, ma prevede delle pause intense tra una parola e l’altra per offrire con più fermezza la nostra posizione. Il volume non dovrebbe mai andare oltre a quello utilizzato nella quotidianità per non far emergere agitazione, paura e rabbia. In questa prospettiva, la parola, la voce e persino il suo colore sono strumenti utili per una comunicazione inclusiva. Al contrario, lavorare con stereotipi conduce la conversazione su livelli molto bassi e, inoltre, porta a un impoverimento delle possibilità di conoscenza del mondo. Leggere il mondo con la lente dello stereotipo è nocivo anche per la nostra argomentazione retorica, poiché ci conduce a esprimere concetti attraverso ‘luoghi comuni’ (pag. 238). Al riguardo, Briatore, con acutezza, coglie il nesso profondo fra l’utilizzazione dei pregiudizi e la creazione di capri espiatori al servizio delle personalità autoritarie. Gli stereotipi, infatti, riescono a portare dalla propria parte gli individui deboli in cerca di protezione, offrendo loro un riferimento al quale affidare le proprie sorti.
Daniela Appignanesi