Lavorare da casa?


Questo video di un giovane professore americano, interrotto dai figli durante una intervista in diretta dalla BBC sulla minaccia nordcoreana, è stato visto da oltre 100 milioni di persone.

Il lavoro flessibile, che adesso molti chiamano Smart Work, è conosciuto negli Stati Uniti come AWA: Alternative Work Arrangements. Due economisti (Harvard e Princeton) hanno condotto un esperimento per misurare quanto vale la flessibilità degli orari di lavoro e la possibilità di lavorare da casa[1]. Hanno simulato un annuncio per dipendenti di un call center, chiedendo ai candidati di rispondere a domande su stipendio e orari.

La maggior parte di coloro che rispondono all’annuncio non sembra dare alcun valore alla possibilità di decidere i propri orari (stabilire in che giorni lavorare o  il numero di ore lavorate), nel senso che non è disposto a rinunciare a una parte della retribuzione per usufruire di queste possibilità. Emerge una forte preferenza per il lavoro a tempo pieno (40 ore molto meglio di 20 ore a settimana) e, meno netta (55 per cento dei potenziali dipendenti), per lo straordinario (retribuito, negli USA è una novità, introdotta da Obama).

In questo esperimento l’opzione di poter lavorare da casa vale l’8 per cento dello stipendio, ed è quella più popolare, in termini di percentuale dello stipendio alla quale si è disposti a rinunciare. Le donne più degli uomini danno valore alla possibilità di evitare orari irregolari e di lavorare da casa, specialmente se sono madri con figli piccoli. Altre variabili, quali istruzione, etnia, età invece non sono statisticamente significative, solo il genere influisce sulla propensione a scegliere il telelavoro. Secondo gli autori dello studio, questo risultato contribuisce solo in misura trascurabile alla nota differenza di retribuzione tra uomini e donne (gender pay gap).

La Fed di New York, basandosi sui dati dell’American Time Use Survey, allarga l’indagine ai congedi parentali, ai permessi per malattia e a forme di lavoro flessibile[2]; anche in questo caso, le donne sono disposte a rinunciare a una percentuale maggiore della retribuzione (in media, per il congedo parentale, 10.4% del salario per le donne, 6.8% per gli uomini). 

Per l’universo più ampio della New York Fed vale del resto la stessa conclusione che si applica al campione dei call center, vale a dire che il lavoro flessibile è visto come un’opzione di cui possono fruire soprattutto i lavoratori e le lavoratrici con un reddito sufficientemente elevato e stabile. Nell’indagine condotta dalla Fed, vincoli economici sono la principale ragione per non utilizzare le forme di flessibilità offerte dal datore di lavoro, specialmente per le donne e per le fasce di reddito basse.


[1] Alexandre Mas and Amanda Pallais, “Valuing Alternative Work Arrangements” Harvard University and NBER, marzo 2017

 [2] Gizem Kosar, Wilbert van der Klaauw, e Basit Zafar, “Valuing Workplace Benefits” 2 giugno 2017, diponibile qui