Sin dal 1979, anno delle prime elezioni del Parlamento Europeo a suffragio universale diretto, la rappresentatività femminile ha subito un incremento positivo passando dal 16,6% al 37,6% odierno, con un miglioramento del 3% tra VII e VIII legislatura.
Sebbene questo dato sia più che mai favorevole, il quadro cambia se si considera il numero di donne che compone la popolazione europea (51,2%), dimostrando quanto la disparità partecipativa tra uomini e donne sia ancora predominante.
Anche all’interno stesso del Parlamento, le donne costituiscono più del 50% dello staff ma non raggiungono facilmente le cariche di vertice: la componente femminile agli alti livelli dirigenziali continua infatti ad essere esigua nonostante i continui obiettivi di miglioramento imposti dall’UE. Inoltre solo due donne, Simone Veil e Nicole Fontaine, hanno ricevuto l’incarico di presiedere il Parlamento.
Tra i singoli Stati membri, Malta è il paese che ha portato più quote rosa in Europa, con 4 donne elette su 6 seggi, collocandosi tuttavia al 25 posto nella classifica generale che conta il numero di rappresentanti femminili nella propria legislatura (solo il 14,3% nel 2014).
L’Italia si colloca a metà classifica con il 38,4% di seggi rosa in UE e più del 30% alla Camera dei Deputati, al di sotto delle inarrivabili Svezia, Estonia e Austria.
I dati dimostrano quanto sia essenziale il lavoro del Gruppo di alto livello sull’uguaglianza di genere e la diversità, istituito nel 2004 in seguito alla risoluzione dei suoi membri sull’integrazione della dimensione di genere nel Parlamento Europeo.
Non solo è necessario che i singoli stati membri eleggano più parlamentari donne, ma è indispensabile la loro tutela contro la disparità di trattamento che ancora esiste nell’UE.