Tasso di occupazione femminile ed effetto positivo sul PIL


Via Nazionale apre alle quote rosa
«L'adozione di quote rosa, l'introduzione di congedi di paternità obbligatori e non trasferibili, modifiche al sistema di tassazione tali da incentivare l'offerta di lavoro femminile sono solo alcuni strumenti che potrebbero essere messi in campo» per accrescere il pieno riconoscimento delle capacità femminili nel mondo del lavoro. A spezzare una lancia in favore delle quote rosa, nello stesso giorno in cui anche l'amministratore delegato di Intesa San Paolo Corrado Passera si è detto a favore dell'introduzione di quote rosa nei consigli d'amministrazione (oggetto di una proposta di legge bipartisan in Parlamento) è Anna Maria Tarantola, vicedirettore generale della Banca d'Italia, che ieri è stata ospite della fondazione Marisa Bellìsario. «Un maggiore coinvolgimento delle donne nell'attività economica è anche un'opportunità per il paese ha sottolineato Tarantola - secondo stime della Banca d'Italia, il conseguimento dell'obiettivo di un tasso di occupazione femminile al sessanta per cento, definito a livello europeo dal tratta-to di Lisbona, comporterebbe, anche ipotizzando un effetto ne gativo della produttività di 0,3 punti percentuali, un aumento del Pil fino al 7 per cento».
Non basta. Un azzeramento del gap di genere secondo i calcoli riportati dalla dirigente di Banca d'Italia porterebbe con una riduzione della produttività, a un aumento di i punti.
Tarantola ha anche fornito, durante il suo intervento i dati relativi alla presenza femminile fra gli amministratori di imprese private: le donne che a fine 2009 sedevano nei board delle società di capitale erano poco più del 14%; erano invece il 12% circa nel 2001.
Queste presenze, ha spiegato, si concentrano soprattutto tra le imprese di minore dimensione a prevalente conduzione familiare: la quota femminile era il 15,7% tra le aziende
con fatturato tra i io e i 50 milioni di curo, l',7% tra quelle con fatturato caso e 200 milioni e solo 8,3% tra le società con fatturato superiore. Quanto alle posizioni dirigenziali, la quota delle donne è in crescita ma rimane lontana da un situazione di parità ha sottolineato Tarantola: la percentuale nel complesso è infatti salita dal 26 per cento del 2008 al 29 per cento due anni dopo.
La situazione è peggiore nel settore privato, dove nel 2010, a fronte di una presenza femminile del 40 per cento fra gli occupati più giovani(15-44 anni) e quella nella fascia più matura (45-64) è del 36%, le dirigenti donne risultano essere rispettivamente il 24 e il 15 per cento.