Donne musulmane: un ritratto contro stereotipi e luoghi comuni - #mondidelledonne


#mondidelledonne - Donne musulmane: un ritratto contro stereotipi e luoghi comuni

Segnalazione di Daniela Appignanesi

 

Donne musulmane: un ritratto contro stereotipi e luoghi comuni, di Giuliana Cacciapuoti, propone uno sguardo non convenzionale, frutto di lunghi anni di studio e viaggi, sulla realtà del mondo arabo e musulmano nel contesto attuale della società globale. Si presenta un testo pensato per rendere facile - ma non semplice - la complessità del mondo islamico visto dalla parte delle donne.

Il libro - un lavoro che adotta il punto di vista femminile volgendo lo sguardo da Oriente a Occidente - parte da una considerazione: troppo facilmente si dimentica che le principali protagoniste delle lotte per i diritti umani nel mondo dell’Islam sono le musulmane, impegnate a sottolineare la contraddizione delle leggi islamiche, norme consuetudinarie che potrebbero e dovrebbero tutelarle, mentre, al contrario, vengono utilizzate per condannarle all’invisibilità.

La riflessione principale verte sulla trasversalità di un fenomeno: il persistere dei modelli patriarcali, presenti anche nel colonialismo europeo occidentale, responsabile di avere proposto una lettura strumentale dell’oppressione delle donne, veicolando il messaggio in base al quale la condizione femminile è il segno evidente di inferiorità di tutte le culture non europee e in particolare dell’Islam. Di qui, il rifiuto di alcuni elementi simbolici come l’uso del velo.

Diversamente dall’opinione comune le donne musulmane sono state protagoniste sia della loro liberazione individuale che di quella collettiva Si sono infatti impegnate dapprima nei movimenti di liberazione per l’indipendenza dalle nazioni europee, in un secondo momento hanno sostenuto le giuste istanze di autonomia, indipendenza e affermazione di sé senza rinnegare la cultura islamica.

 

Oggi le musulmane rivendicano il diritto di ribellarsi in prima persona dichiarando a chiare lettere di sentirsi, ed essere, protagoniste delle loro vite senza bisogno di accettare il soccorso delle occidentali. Le musulmane non vogliono l’aiuto delle donne occidentali che, assai spesso, si pongono in una posizione di superiorità giudicante assumendo un punto di vista non dissimile da quello dei colonialisti ottocenteschi. In questa battaglia ciò che conta di più è l’accesso all’istruzione. Studiare significa accedere ai luoghi del sapere e soprattutto la possibilità di organizzare il proprio pensiero critico nei confronti dell’Islam. Una corrente importante del femminismo islamico si basa proprio su una rilettura dei testi sacri fondata su una prospettiva di genere.

In queste pagine la scrittrice ha reso omaggio agli incontri avuti con donne musulmane in diversi luoghi del mondo: credenti e non, famose e non, studiose, professioniste, attiviste, casalinghe, studentesse, letterate, sindacaliste, lavoratrici, madri, figlie, mogli, rivoluzionarie o conservatrici… Tra le pioniere del femminismo arabo, la scrittrice ha ricordato Hudā ash-Shaʿrāwīi. Fu lei a condurre con successo le lotte per il riconoscimento dei diritti fondamentali delle donne egiziane e arabe e a impegnarsi, consapevole della propria ampia formazione, nella lotta contro l’occupazione britannica. Nata a Minya nel 1879 visse in una famiglia fautrice del costituzionalismo egiziano. All’età di tredici anni dovette sposare il cugino che rivestiva anche il ruolo di tutore. Dopo le nozze tornò a vivere nella casa materna dove acquisì una doppia educazione francese e araba. Organizzò la storica marcia delle donne nel 1919 lungo le strade del Cairo per protestare contro l’arresto e l’esilio dei quattro capi principali della resistenza egiziana. Quella marcia divenne la pietra miliare su cui edificare la lunga successione di gesti politici clamorosi. Invitata a Roma nel 1923 dall’Alleanza Internazionale per il Suffragio Femminile, al suo ritorno al Cairo Haʿrāwīi fondò l’Unione Femminista Egiziana (UFE) per protestare contro il nuovo stato egiziano, che, sebbene si fosse giovato delle istanze delle donne per avere ragione del colonialismo britannico, non aveva sostenuto la causa dell’uguaglianza di genere. La data del voto per le donne in Egitto è discussa. In molte fonti è indicato l’anno 1956. Nel 1924 furono emanate le leggi per l’affido dei figli alla madre in caso di divorzio, l’innalzamento a sedici anni dell’età per contrarre matrimonio e l’obbligatorietà dell’istruzione per le ragazze. Huda si impegnò sempre per un dialogo costruttivo e di pace fra Oriente e Occidente. Morì al Cairo nel 1947 dove le hanno intitolato una via a perenne ricordo dell’impegno profuso nella rivendicazione dei diritti delle donne che al suo fianco scesero in piazza.

Nel mondo musulmano in questo momento esistono tre correnti del movimento delle donne: una che possiamo definire di femminismo laico, un’altra di femminismo religioso - chiamata femminismo islamico - e una terza nota come critica di genere, che si va affermando in varie organizzazioni islamiste.

Il velo, la separazione nello spazio pubblico donne e uomini, la “segregazione”, la poligamia e altri istituti giuridici dell’Islam sono percepiti dalle donne occidentali quali segni di una subalternità senza via d’uscita se non conduce al rifiuto dell’Islam stesso. Alle donne musulmane tale idea appare non contemplabile. Come conciliare queste posizioni? Il dialogo è la migliore delle risposte, solo scambiando corrette informazioni sarà possibile superare le reciproche diffidenze.

Il libro è un viaggio tra passato e presente, stereotipi e pregiudizi, modernità e cambiamento. È un incontro intenso, narrato con passione e con un tocco di leggerezza, tra veli e moda islamica.

In fondo l’obiettivo del testo è osservare, riflettere e discutere senza pregiudizi, lasciando diritto di parola alle protagoniste… perchè se non si odono voci di donne, vuol dire che autonomia, libertà e diritti collettivi sono già stati messi in pericolo e cancellati…lo spazio pubblico ci appartiene ed è il luogo dove continuare a operare, lavorare e partecipare, perchè se anche ce lo prospettassero, la strada giusta non è mai quella che ci riporta a casa (pag. 117).